Il gap tra i prezzi di mercato e i valori fiscali
Mentre continua il dibattito sulla riforma del Catasto, aumentano gli studi che mostrano come applicando le aliquote attuali ai valori di mercato degli immobili la pressione fiscale aumenterebbe molto perlomeno nella maggior parte delle città capoluogo. Tutte le analisi concordano anche sul fatto che il maggiore gap tra i prezzi di mercato e i valori fiscali riguarda gli immobili in posizioni centrali o di pregio, soprattutto se la loro costruzione non è recente. Il centro studi della Cisl ha effettuato un’elaborazione da cui emerge chiaramente come le conseguenze per i proprietari di immobili centrali, se la riforma — comunque non prima del 2026 — andrà in porto, saranno peggiori. Come tutte le analisi di questo tipo, e vale anche per quelle che abbiamo compiuto su queste pagine, va segnalato che si tratta comunque di dati medi indicativi e che solo il confronto sul singolo immobile può dare un’idea più precisa e inoltre in questo momento non è chiaro quali dati di mercato e soprattutto quali correttivi adopererà l’Agenzia. Detto questo, veniamo allo studio della Cisl, che riguarda sei grandi città .
A Roma aumenti in centro del 52%
Partendo dalla Capitale, l’Ufficio studi considera un immobile centrale del valore di 950 mila euro che attualmente avrebbe un imponibile Imu di 625 mila euro. Con le aliquote attuali (1,14%, la massima possibile) l’abitazione paga 7.125 euro di Imu se si tratta di seconda casa; a valori di mercato passerebbe a 10.843 euro (+52%). Sarebbe forte anche l’incremento ai fini del calcolo dell’Isee, che aumenterebbe del 57 % ma in questo caso si tratta di un calcolo teorico perché chi ha una casa di quel valore ben difficilmente chiede le prestazioni sociali per cui occorre l’Isee. In periferia l’incremento percentuale dell’imponibile Imu si riduce al 17,6 per cento. Va però detto che il valore di mercato considerato, 346.800 euro, appare un decisamente alto, soprattutto se per periferia si intendono le aree extra GRA.
A Milano aumenti fino al 151%
Anche l’analisi di Cisl conferma che a Milano la revisione degli estimi rischia di trasformarsi in un salasso per i proprietari. In centro, dove la casa considerata vale 923.550 euro, la differenza con l’imponibile Imu è del 151,2 per cento e il passaggio comporterebbe un aumento dell’Imu da 4.192 euro a 10.528, in periferia l’aumento sarebbe di oltre l’87%. Per pagare una cifra uguale a quella attuale bisognerebbe che l’aliquota per il proprietario del centro scendesse, dall’attuale 1,14% allo 0,454% mentre in periferia l’equivalenza si otterrebbe allo 0,609%. Siccome è evidentemente impossibile personalizzare le aliquote è facile concludere che l’unico modo per far sì che nessuno paghi né più né meno è utilizzare gli estimi di mercato a puri fini statistici.
Raddoppio anche a Napoli: +119%
A Napoli +119% per le case in centro nel capoluogo campano, + 59,8% in periferia. Anche a Napoli centro c’è il rischio di un raddoppio del valore imponibile che metterebbe probabilmente a rischio la redditività di tutti coloro che hanno trasformato le loro abitazioni in B&B o case da affittare sulle piattaforme. Per equilibrare la situazione sarebbe necessario portare l’aliquota Imu per la casa centrale sotto lo 0,5% e in periferia sotto lo 0,7%. Ricordiamo che l’aliquota di riferimento per l’Imu è 0,76% e che se l’indicazione dei valori congrui ai fini fiscali è un fatto tecnico la scelta dell’entità delle aliquote e di come applicarle è un fatto politico, che riguarda il governo, il parlamento deliberante e i comuni, all’interno della discrezionalità che la legge lascia loro.
A Bologna +55%. ma non in periferia
Nel capoluogo emiliano il valore della casa media in periferia considerata dallo studio e quello ai fini Imu sono pressoché identici (1,5 per cento la differenza). In una situazione del genere, dato che comunque il gap in centro è comunque alto (+55%) in caso di riforma ci sarebbe da aspettare che per l’abitazione in periferia si finirà per spendere meno di oggi. Per fare in modo che chi possiede l’abitazione centrale paghi come oggi la sua aliquota dovrebbe scenderebbe dall’1,06% allo 0,681% mentre in periferia la riduzione sarebbe minima perché l’equivalenza si ottiene con 1,045%.
A Genova aumenti «solo» del 27,7%
Il patrimonio immobiliare del capoluogo ligure presenta due caratteristiche ben note a chi si occupa di mercato delle case: i valori catastali sono proporzionalmente molto elevati e i prezzi delle abitazioni sono molto diminuiti negli ultimi anni. L’effetto combinato di questi due fattori fa sì che la differenze tra valori di mercato e imponibili Imu sia relativamente ridotta : 27,7% in centro e 12,2% in periferia. Per ottenere l’invarianza di spesa dei contribuenti in centro l’aliquota dovrebbe scendere dal 1,06% allo 0,83%, in periferia dovrebbe abbassarsi fino allo 0,944%.
A Bari aumenti fino al 33%
Infine a Bari si registra una differenza tra valore di mercato e imponibile Imu del 32,7% in centro e del 23,7% in periferia. Ricordiamo che il cambio dei valori di estimo non influirebbe solo sull’Imu e, come indicato sopra, sull’Isee (il valore degli immobili conta nella misura del 20%) ma anche sull’imposta di registro in caso di acquisto da privato o impresa non costruttrice, sul valore dell’asse ereditario e quindi sull’imposta di successione, sulle imposte ipotecaria e catastale se si eredità un’abitazione che non ha le caratteristiche per l’agevolazione prima casa, sull’Irpef se la casa è tenuta libera nello stesso comune in cui si possiede l’abitazione di residenza.
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