Chi prenota ora una casa per le vacanze estive, o stipula una nuova locazione, può prevedere una serie di clausole di salvaguardia Nonostante tutte le misure in campo (dalla vaccinazione di massa alle precauzioni anti-contagio), chi prenota ora una casa per le vacanze estive e teme comunque gli imprevisti legati al Covid deve prestare attenzione a una serie di clausole contrattuali. Ma le clausole di salvaguardia possono riguardare anche le stipule di locazioni “classiche” (quelle a lungo termine) o commerciali. Ecco le principali coordinate, in 6 domande e risposte.
1. A quali clausole far attenzione se si prenota una casa di villeggiatura? Molte clausole di salvaguardia prevedono il rimborso completo se si disdice anche a ridosso del check-in. La condizione però deve essere espressamente prevista. La possibilità di rimborso senza penalità dovrebbe essere inserita non solo in caso di decreti o ordinanze restrittive, ma anche in caso di malattia, quarantena obbligatoria, chiusura di frontiere.
2. Inserire nel contratto di locazione una clausola di riduzione del canone causa Covid è compatibile con la cedolare secca?
Sì, lo precisa l’agenzia delle Entrate nelle sue Faq (Risposta del 9 marzo 2021 n. 165). La pandemia in corso giustifica l’inserimento automatico delle clausole di salvaguardia nei contratti di locazione con l’obiettivo di tutelare entrambe le parti contrattuali.
Per questa ragione l’Agenzia ritiene che il regime della cedolare secca non sia impedito dall’eventuale efficacia della clausola. La cedolare vale sia nel caso in cui la clausola è inserita nel contratto di locazione sia che venga prevista in una separata scrittura privata, sottoscritta e registrata contestualmente al contratto.
3. Le clausole di salvaguardia si applicano sia ai contratti a uso abitativo sia a quelli commerciali?
Sì, e vanno previste in entrambi i casi. La durata standard dei contratti a uso commerciale è maggiore (6+6), quindi è fondamentale prevedere una clausola che assicuri il conduttore dai rischi di misure restrittive. La pandemia in corso rappresenta un fatto sopravvenuto straordinario sul piano oggettivo, improcrastinabile e inevitabile su quello soggettivo, perché imprevisto e imprevedibile. Si potrà prevedere per tutti i contratti la possibilità di rinegoziare, ridurre o sospendere il canone al verificarsi di precise condizioni oggettive, come l’entrata in vigore di nuove norme e ordinanze restrittive. La risoluzione del contratto o il recesso senza penalità dovrebbero essere l’ultima ratio. In caso di inserimento dell’obbligo di rinegoziazione è bene pattuire anche la conseguenza del mancato raggiungimento di un accordo nella rinegoziazione. La cosiddetta clausola di rinegoziazione, se inserita senza previsione di conseguenze in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, resta priva di effetti e può dar luogo a problemi applicativi.
4. C’è una differenza nelle clausole per gli affitti brevi e quelli standard?
È più difficile, anche se sempre rimesso alla volontà delle parti, giustificare una clausola di salvaguardia basata sull’eccessiva onerosità se il blocco dell’attività ha durata breve, ma ci si può comunque accordare preventivamente. In genere l’effetto della eccessiva onerosità sopravvenuta è quello della risoluzione del contratto, ma le parti – nell’ottica conservativa - possono accordarsi sulla riduzione del canone o la rinegoziazione. Per evitare eccezioni sulla vessatorietà delle clausole, meglio prevedere la doppia firma, ovvero l’accettazione espressa della clausola.
5. È possibile invocare la clausola standard di recesso per gravi motivi per liberare il conduttore?
La pandemia rientra sicuramente tra le cause che legittimano il recesso per giusta causa del conduttore previsto per le locazioni a uso commerciale dall’articolo 27, ultimo comma, della legge 392/1978, dandone preavviso sei mesi prima al locatore. Tuttavia, nell’ottica di conservare il contratto, si possono inserire clausole Covid per arrivare alla sua rinegoziazione in caso di necessità, sempre in base al principio di buona fede di cui all’articolo 1375 del Codice civile.
6. Per i contratti in corso cosa succede?
Purtroppo, in questi casi, ci si deve affidare alla buona volontà delle parti di rinegoziare il canone di affitto. È una soluzione sempre percorribile, ma non essendoci una norma che lo imponga né clausole specifiche inserite nei contratti, il proprietario può opporsi. La conseguenza in genere è che non si potrà intimare lo sfratto per morosità se il ritardo nei pagamenti è relativo ai mesi della pandemia, ma il locatore potrà esigere per intero tutti i canoni dovuti.
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